I MILLE PERCHÉ - CHIMICA E FISICA - GRAVITA', PRESSIONE E TEMPERATURA

PERCHÉ GLI ASTRONAUTI VAGANO SENZA PESO NELLO SPAZIO?

Tutti i corpi che si trovano sulla superficie terrestre sono sottoposti alla forza di attrazione operata dalla massa considerevole del nostro pianeta. Il valore assunto da questa forza, secondo la legge di Newton di cui abbiamo già parlato, reso leggermente variabile in rapporto alla latitudine dalla forza centrifuga dovuta alla rotazione della Terra che in un certo senso si oppone alla gravità e spinge i corpi a staccarsi dalla superficie terrestre, costituisce il cosiddetto «peso» dei corpi.
Da ciò si deduce che quando noi solleviamo un sasso da terra i nostri muscoli sviluppano una forza di uguale intensità ma in senso contrario alla forza di gravità: lo sforzo prodotto dai nostri muscoli noi lo attribuiamo al peso del sasso, cioè alla forza con cui esso tende a ricadere a terra. Particolari esperienze hanno dimostrato che un corpo, «nel vuoto», cade lungo la verticale con un moto uniformemente accelerato, che l'accelerazione del moto di caduta è uguale per tutti i corpi e che essa corrisponde a circa 9,80 m/sec.
Ricordiamo che queste leggi si riferiscono alla caduta dei corpi nel vuoto poiché sappiamo benissimo che, gettando dalla finestra un sassolino ed una piuma sarà il sasso a raggiungere per primo la Terra per la maggior resistenza che la piuma incontra a causa della presenza dell'aria.
Poiché dunque la forza di gravità e cioè il peso dei corpi, è dovuto alla attrazione terrestre è facilmente intuibile come questo debba diminuire man mano che ci si allontana dalla terra.
Attraverso delicatissime esperienze si è potuto stabilire che un corpo perde tre decimillesimi del proprio peso per ogni chilometro di altezza. Pertanto a grandissime altezze un corpo finisce col perdere quasi del tutto il suo peso.
Per quanto riguarda gli astronauti che hanno effettuato voli orbitali intorno alla Terra, si sono trovati in condizioni di imponderabilità al limite della zona di influenza dell'attrazione terrestre, nel vuoto spaziale.
Il loro movimento di rotazione attorno alla Terra, unito a quello della capsula, non più dovuto a propulsioni meccaniche, ha seguito l'antica legge della dinamica, il noto «principio d'inerzia» che dice che un corpo sottratto all'azione di ogni forza (nel nostro caso dell'aria e della gravità) persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme mentre, per quanto riguarda il loro costante agganciamento orbitale alla Terra, esso è avvenuto grazie alla legge della gravitazione universale enunciata da Newton.
Passeggiata di un astronauta nello spazio

PERCHÉ NELL'ACQUA GLI OGGETTI CI SEMBRANO MENO PESANTI?

Abbiamo visto come il peso di un corpo sia dato dalla forza di gravità e come una percezione pratica di questa forza di gravità sia la forza d'intensità uguale e contraria prodotta dai nostri muscoli nel sollevare il corpo da terra. Se dunque vogliamo sollevare un masso di un certo peso, i nostri muscoli devono produrre una certa quantità di energia tale da annullare e vincere la forza di gravità che spinge il masso a schiacciarsi inesorabilmente a terra.
Se questo gravoso lavoro lo svolgiamo nel nostro consueto ambiente, cioè l'aria, non possiamo contare che sulla forza dei nostri muscoli: nessun agente esterno ci fornisce un apprezzabile aiuto, l'aria sfugge rapidamente da sotto il masso e non costituisce certo un solido punto di appoggio. Un valido alleato abbiamo, invece, se cambiamo ambiente e ci trasferiamo... in acqua.
Il liquido, al contrario dell'aria, ci offre un notevole punto di appoggio. L'alleato, oltre all'acqua naturalmente, è ancora una volta quel geniale scienziato antico che ha nome Archimede. Lo stesso masso che, per essere sollevato nell'aria, richiedeva un notevole sforzo da parte dei nostri muscoli, in acqua sembra aver perso buona parte del suo peso. È lo scienziato siracusano, nelle vesti del suo famoso principio di cui abbiamo già parlato a proposito dei corpi che galleggiano, che ci dà una mano a sollevare il masso. Infatti ricordiamo che il principio in questione dice che un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l'alto uguale al peso del liquido spostato. Questa forza alleata, la «spinta idrostatica», si oppone alla forza di gravità, al peso del corpo, e ci consente di sollevarlo impiegando con i muscoli una forza di entità minore.

PERCHÉ C'È IL BAROMETRO?

L'atmosfera, l'involucro gassoso che circonda il nostro pianeta, vi pesa sopra ed esercita una certa pressione su ogni corpo. Questa pressione si trasmette in ogni direzione dando origine a forze perpendicolari sull'intera superficie del corpo stesso.
l'esistenza della pressione atmosferica si può accertare con opportuni esperimenti e risulta di una potenza insospettatamente notevole. Se avviciniamo, ad esempio, due semisfere cave fino a farle combaciare perfettamente e se dall'interno della sfera ottenuta facciamo il vuoto, noteremo che occorre un enorme sforzo per riuscire a staccare le due semisfere l'una dall'altra.
Su questo principio si basa il funzionamento della ventosa, che sfrutta proprio la pressione atmosferica che agisce sulla superficie esterna e che permette così una notevole aderenza della ventosa al piano. Il valore della pressione atmosferica si può misurare con lo stesso semplice metodo usato qualche secolo fa dal discepolo di Galileo, Evangelista Torricelli.
Si prende un tubo di vetro chiuso di un'estremità e lo si riempie completamente di mercurio. Quindi, tenendo chiusa l'apertura con un dito, si capovolge il cannello entro una vaschetta anch'essa piena di mercurio. Togliendo il dito si vede che il mercurio scende fino ad una certa altezza, esattamente 760 millimetri dalla superficie del mercurio nella vaschetta. Poiché la parte superiore del cannello in cui si trovava il mercurio, dopo che è stato capovolto, risulta praticamente vuota (salvo vapori di mercurio che, a temperatura ordinaria, esercitano una pressione trascurabile) si deve concludere che la pressione atmosferica è uguale alla spinta idrostatica esercitata da una colonna di mercurio alta 760 mm.
Questa pressione viene assunta come unità di misura e si chiama «atmosfera».
Per avere un'idea della potenza della pressione atmosferica, si pensi ad un tavolo con il lato di un metro: esso risulta compresso dall'aria sovrastante come se sopra vi fosse un oggetto con una massa di oltre mille chili. Se il tavolo non si sfonda è perché una pressione analoga viene esercitata anche sulla superficie inferiore del piano.
Se si potesse infatti fare il vuoto sotto il tavolo questo non potrebbe resistere.
La pressione atmosferica non mantiene valori costanti ma varia col variare delle condizioni metereologiche (per questo è importante conoscere i suoi valori, per prevedere il tempo) e con l'altezza sul livello del mare.
È facilmente intuibile come il diverso grado di «pesantezza» dell'aria, ora secca ora umida, e il crescere dell'altezza determinino variazioni di pressione. Per la misura della pressione si usa uno strumento chiamato «barometro».
Il tipo più preciso è senz'altro quello a mercurio sopra descritto: una scala graduata posta su un cannello di vetro alto almeno 80 centimetri ci permette di misurare l'altezza del mercurio con una approssimazione intorno al decimo di millimetro. Ma esistono anche barometri più maneggevoli che utilizzano un recipiente metallico vuoto d'aria: la pressione atmosferica deforma più o meno, a seconda delle sue variazioni, la superficie elastica del recipiente e la deformazione è opportunamente trasmessa ad un indice che scorre sopra una scala graduata.
È interessante sapere che barometri di questo genere, graduati sul livello del mare, sono utilizzati per conoscere la quota raggiunta sia a bordo degli aereoplani sia nelle ascensioni in montagna.
Un barometro

PERCHÉ IL TERMOMETRO SALE E SCENDE?

Il termometro è lo strumento che misura convenzionalmente la temperatura di un corpo. Che cosa si intende infatti per temperatura? Si dice, ad esempio, che due corpi hanno la stessa temperatura quando si manifestano al tatto (quindi rispetto all'uomo) ugualmente caldi o ugualmente freddi. Queste due sensazioni, il caldo e il freddo, dipendono dal movimento più o meno vivace delle molecole di un corpo e la loro temperatura, in senso assoluto, è determinata dal grado di agitazione molecolare e si identifica con la sua energia interna. Per determinare numericamente il grado di temperatura di un corpo, dunque, si utilizza un termometro su cui è riportata una scala graduata. Il tipo di termometro d'uso più comune è quello a mercurio, fondato sulla proprietà del mercurio (e di tutti i corpi) di dilatarsi quando si riscalda e di contrarsi quando si raffredda.
Il termometro a mercurio è un cilindro graduato in vetro, vuoto d'aria, chiuso in alto e portante in basso un rigonfiamento, detto «bulbo», che contiene il mercurio in quantità opportuna.
Portato a contatto con un corpo caldo il termometro assume dopo un certo tempo la sua stessa temperatura e il mercurio, dilatandosi, sale lungo il cannello e si arresta, al massimo della sua dilatazione, di fronte ad un certo numero della scala graduata: questo numero rivela, convenzionalmente, la temperatura del corpo in questione. Perché abbiamo detto «convenzionalmente»? La graduazione del termometro infatti viene eseguita prendendo come punti di riferimento fondamentali la temperatura del ghiaccio fondente e quella dell'acqua bollente.
Una scala termometrica delle più usate è «la scala centigrada» o «scala Celsius» in cui la prima temperatura è fissata a 0 e la seconda a 100: l'intervallo tra le due è diviso in cento parti, ognuna delle quali si chiama «grado centigrado».
In molti paesi anglosassoni si usa invece la «scala Fahrenheit» in cui la prima temperatura (quella del ghiaccio) viene fissata in 32, la seconda (quella dell'acqua bollente) in 212 e l'intervallo diviso in 180 parti ognuna delle quali si chiama «grado fahrenheit».
Nei termometri di grande portata la graduazione può essere estesa oltre i due punti fissi fondamentali. Nella scala centigrada, ad esempio, le temperature al di sotto dello zero sono indicate con numeri negativi. Un termometro a mercurio può estendersi da -40 a +360 (al di sotto di -40 il mercurio congela, al di sopra di 360 bolle).
I termometri a mercurio di tipo speciale, quelli ad esempio che usiamo per «misurare la febbre», si chiamano «termometri a massima» poiché ci consentono di conoscere la più alta temperatura raggiunta durante un certo tempo. Nel termometro clinico, infatti, al crescere della temperatura, il mercurio sale lungo il cannello e si ferma di fronte a un certo numero: quando la temperatura decresce, invece, il mercurio non può discendere a causa della particolare forma del cannello di vetro che presenta, vicina al bulbo, una notevole strozzatura.
Sapete, infatti, che per riportare il mercurio nel bulbo, dopo aver effettuato una misurazione, occorre scuoterlo vivacemente per farlo passare a forza nella strozzatura.